martedì 28 luglio 2020

"Hold my hand" riprenderà la pubblicazione a settembre.

Ciao a tutti lettori!
In questo breve articolo vi annuncio che nel mese di agosto non pubblicherò alcun nuovo capitolo di "Hold my hand".
Approfitto del mese di agosto per riposarmi un pó, anche se il blog continuerà a essere aggiornato.

Non preoccupatevi, a settembre Beth e Daryl torneranno a raccontarvi le loro storie.
Il Capitolo 7 è già scritto ed editato e non immaginate che cosa succederà in quelle pagine.




Nel frattempo avete un mese per mettervi alla pari con la lettura.
Buona lettura! 

"Hold my hand". Capitolo 6.




Capitolo 6 – Sopra noi il cielo è sereno





“Qual è il colmo per un oculista?”, domando sogghignando.
“Hai intenzione di continuare ancora a lungo con quel libro demenziale?”, mi risponde Daryl, guardandomi con gli occhi socchiusi e un antitetico sorriso dipinto sulla bocca.
Arriccio le labbra per trattenere una risata e, girando la pagina del testo, esclamo “Innamorarsi ciecamente!”.
Detto ciò, chiudo il libro ponendo l’indice nel punto in cui sono arrivata a leggere e, voltando il capo verso Daryl che cammina alla mia sinistra, proferisco “Quanto è brutta? Davvero c’è gente che trova divertenti queste barzellette?”.
“Appunto, possiamo darci un taglio?” e, prima ancora di concludere la frase, con la mano destra cerca di afferrare il manuale. Io, però, schivo la sua presa e, ridendo, apro nuovamente il volume, leggendo, “Qual è il colmo per un cacciatore?”.
Con il palmo sinistro tocco il petto di Daryl, esortandolo ad arrestare il suo passo. Infatti, come udita la mia tacita richiesta, una volta fermo, inspiro e, con un suono gutturale, insisto affermando “Ehi, qui si parla di te!”.
“Il colmo per un cacciatore”, attesto divertita, guardandolo di sottecchi, “è avere la cravatta a pallini. Aspetta...”, asserisco con la fronte aggrottata, “io non l’ho capita.”.
Guardo in tralice la frase stampata sul libro per cogliere una sfumatura che mi è sfuggita, finché la mia attenzione è distolta dal suono del rauco sghignazzo alla mia sinistra. Allora alzo uno sguardo truce verso Daryl e, imputando i piedi per terra e cadenzando il mio parlato in una voce stridula e infantile, dichiaro “Cosa ridi? Dai, spiegamela.”.
In quell’istante Daryl scoppia in una fragorosa risata per la mia innocenza, mentre io, saltellando di fronte a lui, cerco di mantenere sul volto un’espressione tenera sbattendo le ciglia. Tuttavia, come risposta, sottrae dalle mie mani il manuale delle barzellette e lo scaglia lontano da noi con un lancio che supera le fronde degli alberi.
Alla vista di quel gesto rimango inebetita, con la bocca spalancata.
“Che esagerato!”, sentenzio aprendo le braccia attorno al mio busto, mentre, con fare innocente, inclino la testa sotto il suo mento e specifico “Potevi semplicemente dire che non ti facevano ridere.”.
Con un falso sbuffo, Daryl, avvinghia le mie spalle con le sue forti mani e, non proprio delicatamente, gira il mio corpo in modo da incitarmi a continuare a camminare.
Procediamo tenendo un passo sostenuto, ma il silenzio tra noi non dura nemmeno il tempo di un battito di ciglia, perché Daryl, con premura, mi domanda “Cosa ti manca di più della tua vita?”.
Sgrano gli occhi stupita nel sentire proferire un quesito di questa portata da lui. E’ nondimeno vero che non conosciamo nulla uno dell’altra e, forse, è questo il suo modo, seppur impacciato, di farmi percepire il suo interessamento.
“In realtà sento nostalgia di tante cose...”, dichiaro a denti stretti e sollevo il capo alla mia sinistra per scorgere il suo sguardo. In verità lui non sembra accorgersi del mio movimento, perché noto che, serio, tenta di non perdere di vista un punto indefinito di fronte alla sua figura. Quindi, sposto a mia volta gli occhi dinnanzi a me e, sorridendo lievemente, inizio a raccontare delle lunghe giornate primaverili della mia infanzia trascorse a giocare sotto l’ombra della veranda di casa assieme a Maggie e a Shawn, delle buie notti in cui, di soppiatto, mi sono calata dall’albero erto di fronte alla finestra della mia stanza per poter vedere Jimmy e delle lezioni serali di chitarra del papà.
Dopo aver parlato per quella che penso essere una buona mezz’ora, però, arrossisco e, impacciata, esprimo, quasi in un sussurro, “Perdonami se parlo a vanvera. Eppure”, sospiro gravemente, “queste non sono che alcune cose a cui penso costantemente della mia vita passata.”.
Con le dita sistemo maldestramente un angolo della canottiera, giusto per dare l’impressione di essermi momentaneamente distratta e, così, dargli la possibilità di spiegarsi a sua volta. Daryl, però, non accenna a parlare, motivo per cui decido di domandargli dolcemente “A te, invece, cosa manca?”.
“Sinceramente nulla.”, risponde secco, ma senza il suo solito tono iroso nella voce. Chiaramente scocciato da un ricordo, che vedo oscurare i suoi lineamenti, con la mano sinistra si gratta la cute, per poi, con un grugnito, rimarcare con fervore “La mia vita faceva schifo.”, e concludere mesto, “Mi dispiace soltanto che ora anche la vita di persone come te, che una volta erano felici, faccia tanto schifo.”.
“Sì...”, mi mordo il labbro per la mia sbadataggine, “so… cioè, ho sentito parlare di tuo padre e di tuo fratello Merle, che...”, ma non riesco a dare un senso alle mi parole balbettate senza un nesso logico, che Daryl mi interrompe, precisando secco “Che mio padre era un ubriacone e io e Merle trascorrevamo le nostre giornate fuori casa a rubare o a bere? Sì, Beth, hai sentito bene.”.
Imbarazzata, incasso il collo tra le spalle. In quel frangente, nella mia testa un’accozzaglia di frasi si accavallano indisciplinate fra loro, ma, inevitabilmente, con cautela sbircio incuriosita il volto di Daryl. A conferma delle mie supposizioni, sul suo viso è ricomparsa la sua solita espressione, imperturbabile e apatica. Ciò nonostante, richiamando le parole con cui era solita consolarmi Maggie, proferisco “Beh, se in trent’anni non hai mai avuto nulla per cui essere felice, forse, ora è tuo dovere fare in modo che qualcosa di bello accada.”.
La mia frase, nello stesso istante in cui termino di esporla, giunge alle mie orecchie come un’incitazione, che assume tutt’al più i connotati di un’istigazione provocatoria. I suoi occhi, infatti, ora fissano intensamente i miei.
Io, diversamente, desiderosa di cancellare il mio rimprovero morale, mentre tento di fare un nodo con un filo pendente dalla canottiera, confesso, con uno strano tremolio nella voce che smaschera il mio intento, “Io penso che bisogna sempre avere fede in qualcosa per poter trovare la forza per sperare che alcunché di straordinario possa accadere.”.
Dimenticato ogni timore, con il palmo della mano destra, sfioro con apparente noncuranza la tasca destra anteriore dei miei logori jeans, dove è riposto il fazzoletto di mio padre. Forse, penso, questo è il momento ideale per raccontargli del surreale sogno della scorsa notte. Invero, riponendo il mio sguardo sul suo viso, adesso sereno, abbandono il proposito appena abbozzato, e, sorridendogli, gli chiedo “Tu in cosa credi?”.
“A nulla, se non in me stesso.”, risponde pacato e serio.
Abbasso le spalle e, scuotendo lievemente il capo, ironizzo “E’ sempre un punto da cui partire.”.


lunedì 27 luglio 2020

Le letture e i preferiti del mese di luglio 2020.


Ciao a tutti lettori! 
Il mese di luglio è trascorso velocemente, senza che io mi sia realmente accorta dello scorrere del tempo. Infatti, ancora oggi, che per me che scrivo è il 24 luglio, continuo a ripetere nella mia mente dei presupposti del calibro "durante l'estate farò questo o quell'altro", quando in realtà siamo già giunti a metà del periodo estivo.


Partendo dall'ultimo fastidioso evento vissuto, durante questo mese ho dovuto sottopormi al periodico controllo dal dentista, dal quale è stato appurato come necessario l'estrazione di un dente del giudizio. Ciò mi ha causato svariati giorni di dolori, in cui sono rimasta a letto con metà faccia gonfia. 
Il meraviglioso bozzo che ha deturpato il mio volto per quasi una settimana intera è stato da me soprannominato Quasimodo, Quasi per gli amici. 
Dopotutto, in qualche modo, dovevo pur sdrammatizzare la situazione!


Tuttavia, una nota positiva che ha eliminato la tristezza e il dolore patiti, dopo due mesi abbondanti di attesa, ho finalmente ricevuto l'attestato che certifica il mio superamento degli esami concernenti il Master di I livello che ho frequentato post laurea. 
In verità devo ammettere che mi sono già iscritta ad un altro Master, questa volta di II livello. Dopo questo, però, giuro che non studio più, o almeno spero! 
In merito, approfitto di questa occasione, per ringraziare nuovamente la mia famiglia, il mio fidanzato Stefano e le mie care amiche Chiara ed Eleonora per avermi festeggiata con dei regali e due mini feste improvvisate. Avervi con me è la fortuna più grande che posso decantare.


Giusto per correttezza volevo avvisarvi che la solita Rubrica dei consigli libreschi correlati alla stagione in atto è assente sul blog non per una mia dimenticanza, ma perché è una tipologia di articolo che non ho più il desiderio di portare sulla mia pagina web. 
Devo ammettere che a mia volta non recupero la lettura di questa tipologia di scritto, quindi mi è sembrato inopportuno proporla a mia volta.


Penso di aver chiacchierato a sufficienza e di avervi raccontato tutto quanto c'era di importante, o di simpatico, da condividere con voi, quindi ora passo a indicare le letture e i preferiti del mese.


Le letture e i preferiti del mese di luglio.



Le letture del mese:

I libri letti:
- "La regina scalza" di Ildefonso Falcones;
- "L'altra metà delle fiabe" di Antonella Castello;
- "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo;
- "Un'estate con la Strega dell'Ovest" di Kaho Nashiki.


I manga letti:
- "Occhi di gatto", volume unico, di Tsukasa Hojo;
- "Nana", volume 12, di Ai Yazawa.


Il libro in corso di lettura:
"Regina di sangue" di Joanna Courtney.


I preferiti del mese:
- Libro: "La regina scalza" di Ildefonso Falcones. 


Ildefonso Falcones con questo libro è entrato a far parte dei miei autori del cuore. 
Nei prossimi mesi, infatti, conto di recuperare, piano piano, tutti i suoi scritti. Non posso non leggere ogni romanzo scritto dalla sua incredibile penna.


- Manga: "Occhi di gatto" di Tsukasa Hojo. 


Stefano per San Valentino mi ha fatto dono di questo volume cartonato contenente alcuni stralci della storia del manga "Occhi di gatto". 
I volumi singoli sono introvabili, ma sono stata enormemente felice che il mio fidanzato mi abbia fatto dono di questo sunto, in questo modo ho potuto leggere questa storia meravigliosa, senza le innumerevoli digressioni delle rapine delle tre sorelle.


- Film: "La donna che visse due volte", "Quasi amici" e la trilogia composta da "Il codice da Vinci", "Angeli e demoni", "Inferno". 


Questi sono stati i film che, per svariati motivi, più mi hanno emozionata nell'ultimo mese. Questo mese non sono riuscita a scegliere e, quindi, ho deciso di fare uno strappo alla regola e di inserirli tutti.


- Serie televisiva: "Gilmore girls". 


Ho guardato questa serie televisiva per la prima volta nella mia vita ed è capitata nel momento più appropriato. Avevo bisogno di vedere una storia realistica, ma che non si prendesse troppo sul serio. 
Umoristica, vera e intensa, questa serie tv mi ha incantata. 
Le ragazze Gilmore occuperanno sempre una parte del mio cuore e mi accompagneranno nel futuro che mi attende con i loro consigli.


- Vidoegioco: "The last of us 2".


Finalmente, dopo anni di attesa, io e Stefano abbiamo potuto giocare al secondo capitolo del meraviglioso videogame "The last of us".
A discapito di alcune, seppur rare, critiche, noi ci siamo accodati assieme a chi ha adorato il gioco nella sua completezza. Per noi è un degno sequel!



Vi auguro uno splendido e magico agosto.
Un abbraccio dalla Cantastorie dei boschi!


lunedì 20 luglio 2020

Recensione "Becoming. La mia storia" di Michelle Obama.


Ciao a tutti lettori!
Come avrete intuito dagli articoli presenti sul mio blog, non sono solita leggere le biografie, ma a volte mi piace recuperare un testo che sia più incentrato sui fatti ed esente dai vari orpelli con cui i romanzi arricchiscono la trama.
Oggi, infatti, vi presento un'autobiografia. Tuttavia, in verità, il libro che ora vado a mostrarvi è qualificabile come un ibrido tra una biografia, accurata e dettagliata, e un romanzo, appassionante e accattivante.



Titolo: Becoming. La mia storia
Autore: Michelle Obama
Prezzo: 16 €
Pagine: 498
Editore: Garzanti
Voto: 5/5 🌸





Trama:
Michelle Robinson cresce in un piccolo appartamento nel South Side di Chicago, dove lei e il fratello Craig condividono un'esigua cameretta. In questa casa Michelle apprende dai suoi genitori, Fraser e Marian Robinson, l'importanza di amare il prossimo, di dover sempre parlare con schiettezza e di non avere paura del giudizio altrui. 
L'esuberante e tenace bambina con il susseguirsi degli anni matura e si trasforma in una donna. Ella, in verità, sogna tra le aule di Princeton, dove ha imparato per la prima volta cosa si prova a essere l'unica donna nera in una stanza, e lavora strenuamente in un grattacielo come avvocato d'affari, finché, durante un'afosa giornata d'estate, uno studente di giurisprudenza di nome Barack Obama entra nel suo ufficio sconvolgendo tutti i piani.



Recensione:
Michelle Obama in "Becoming. La mia storia" ripercorre la sua vita, mostrando i lati più oscuri e felici che l'hanno resa la donna che oggi tutti noi conosciamo.
Nata e cresciuta nel South Side di Chicago ed essendo una donna di colore, ella ha dovuto lottare strenuamente per poter essere trattata con equità. 
Il suo essere donna e al contempo possedere una pigmentazione "anomala" della pelle l'ha posta costantemente di fronte a svariati limiti e a discriminazioni.
In una società che tutt'ora fatica a riconoscere che il colore della pelle non è una menomazione e che il sesso biologico non è sintomo di debolezza o di forza, Michelle raccoglie le esperienze della sua esistenza per spronare gli individui ad ampliare la loro limitata visione personale ed espanderla a situazioni e realtà a loro non note. Personalmente, infatti, se posso capire le umiliazioni a cui spesso noi donne siamo sottoposte a soggiacere, non mi sono, invece, mai prima d'ora realmente posta nei panni di una persona di colore. Leggere le vicende capitate a Michelle mi hanno stretto il cuore e, talvolta, provocato una sorta di nausea per l'impotenza che pervadeva il mio corpo.
Nella narrazione ella non cela i suoi pensieri, ma racconta tutte le sensazioni da lei nutrite senza filtri. Inoltre, dalle sue parole spicca la sua esuberanza e la sua ilarità. Michelle è, in verità, una donna vivace, caratterizzata da un'evidente vena umoristica, che le permette di scherzare anche sulla propria persona.
In questa mia recensione ho deciso di rimanere sul vago per non intaccare la vostra esperienza di lettura, così da farvi stupire dalla voce di Michelle e dagli avvenimenti che hanno costellato la sua storia. 
Tuttavia, ciò che più mi ha stupita e che voglio qui indicare e analizzare è il messaggio sotteso al titolo del romanzo. "Diventare" è la traduzione italiana del verbo inglese "Becoming". Ebbene, Michelle Obama racconta se stessa tramite l'utilizzo di questo particolare verbo. Tuttavia, come ella precisa nel suo testo, "diventare" non è riferito al suo essere riuscita a ottenere il titolo di first lady degli Stati Uniti d'America, ma rimanda a un processo in perenne divenire. Michelle, precisamente, con la metafora racchiusa nel verbo "becoming" sprona il lettore a fissare con intensità l'essere che desidera diventare. 
Invero, un altro monito echeggiante per tutta l'autobiografia è che nulla si ottiene per caso o per fortuna, ma bisogna lottare arduamente per acquisirlo, ancor di più se si è donne, se si ha la pelle di una colorazione reputata non idonea o se non si è eterosessuali.
Concludendo, consiglio caldamente questo libro, perché è uno dei quei romanzi la cui lettura potrebbe, a mio avviso, migliorare il mondo inadatto in cui oggi ancora viviamo.



"Il viaggio non finisce. Diventare richiede pazienza e rigore in parti uguali. Diventare significa non rinunciare mai all’idea che bisogna ancora crescere."

martedì 14 luglio 2020

"Hold my hand". Capitolo 5.




Capitolo 5 – Ascoltami





Cammino su una strada non asfaltata, quando un sassolino di ghiaia è immancabilmente riuscito a entrare nella mia scarpa. Il sole oggi è caldo e soffocante, tanto da farmi desiderare un bicchiere ghiacciato della cedrata di Maggie. Con gli occhi stretti in due fessure cerco attorno a me una zona d’ombra dove poter trovare un po' di conforto dall’aria afosa. Al lato destro del sentiero scorgo un maestoso sicomoro, quindi, una volta raggiunto le sue radici e seduta sotto le sue fronde, con il palmo sinistro tampono la fronte madida di sudore, per poi slacciare le stringhe della scarpa destra e, scuotendola, liberarla dal piccolo intruso.
Allora appoggio il capo contro il tronco ruvido e sospiro beata per la brezza che sfiora la mia pelle, finché dietro la mia schiena una voce, proveniente dal passato, mi domanda dolcemente “Ehi piccola. Cosa stai facendo?”.
Io non riesco a pronunciare alcuna parola, solamente apro e chiudo la bocca come un pesce fuori dall’acqua.
“Beth, perché non mi rispondi?”, insiste.
Parallelamente, un brivido scuote tutto il mio corpo nell’attimo in cui, all’improvviso, una mano calda accarezza la mia spalla destra.
“Beth, tesoro, sono io, non devi aver paura.”.
Con le lacrime agli occhi e le labbra tremanti, volto il capo e sbircio alla mia destra. Le mie orecchie non mi hanno mentito, la mia mente non mi ha teso un inganno. Accanto alla mia figura, in piedi e tronfio, c’è mio padre Hershel che mi sorride, sereno.
“Oh, papà…”, riesco solo a sibilare, quando, con uno slancio goffo, mi alzo in piedi per circondare il suo collo con le mie braccia. “Papà… papà… quanto ho pianto… quanto...”, parlo tra i singhiozzi, mentre con la mano destra ancora impugno la scarpa.
Strofino gli occhi contro il colletto della sua camicia e mi lascio sopraffare dai sussulti che scuotono il mio corpo. Nel frattempo, il mio viso è inebriato dal suo indistinguibile odore, una flagranza che ricorda il profumo dei campi e del grano, screziati dalla goccia di lavanda con cui la mamma era solita profumare il bucato.
Tuttavia, l’eco di un ricordo non lontano mi ridesta bruscamente da quel dolce tepore e, scostandomi contro voglia dal suo corpo, spaesata proferisco, “Ma come… tu eri morto. Com’è possibile… il Governatore ti ha tagliato la gola davanti a noi, e...”, cerco con lo sguardo un appiglio, qualcosa o qualcuno che possa meglio di me spiegare la confusione che ho in testa.
“Sì.”, dichiara Hershel, prendendomi il volto tra le mani, “Sono morto, proprio come tu ricordi.”. Dischiudo la bocca per dire qualcosa, ma lui, spostando lievemente il pollice e accarezzandomi le labbra, sussurra, “Shhh… non dire nulla di quel giorno, ma ascoltami. E’ così poco il tempo che ci è stato concesso. Non possiamo sprecarlo.”.
Pongo i miei palmi sopra i suoi e avvicino la fronte contro la sua per poter sentire il calore del suo respiro. Fatto ciò, chiudo gli occhi, nel tentativo di imprimere quel momento nei miei ricordi. In verità spero di poter racchiudere in un angolo remoto della mia mente la callosità delle sue mani e il lieve tremolio con cui sostiene il mio capo, così da poter richiamare queste sensazioni, che ora mi rasserenano, ogniqualvolta io ne senta la necessità.
“Beth, mia cara e piccola Beth...”, sottrae la pressione del suo volto dal mio, “Non devi mai dimenticare gli insegnamenti che io e tua madre ti abbiamo impartito.”. Successivamente, con la mano destra prende un fazzoletto di stoffa dalla tasca posteriore dei pantaloni, che non posso fare a meno di notare essere puliti dalle macchie di sangue e di un colore marrone scuro, e asciuga i solchi bagnati che rigano le mie guance, proseguendo, “Lo so quanto ti senti sola, ma devi sempre avere fede.”.
Le sue mani si abbassano sulle mie spalle e, stringendo un poco la stretta su di esse, continua affermando, “Io ti sto realmente parlando. Per quanto ti possa sembrare assurdo, io e te ci stiamo parlando per davvero, quindi fidati delle mie parole, perché io so… e devi solo aver fede.”.
Sorride, ma questa volta il suo sorriso appare triste. Tutto a un tratto, infatti, la sua figura comincia a perdere di consistenza. Percepisco ancora il tepore dei suoi palmi sulle mie spalle, ma il suo corpo incomincia a dissolversi. Il suo volto roseo, i suoi capelli bianchi e radi e la sua candida e folta barba, assieme ai suoi occhi azzurri, iniziano a diventare sfocati, i loro colori sempre più tenui.
“Papà cos’è che sai? Come posso resistere a tutto questo?”, afferro le sue braccia come per trattenere la sua essenza e, singhiozzando, ammetto furiosa, “Non ho più fede!”.
Nel suo sguardo scorgo quella che sembra rassegnazione, o forse è consapevolezza, non so dirlo con certezza. Nonostante il mio ultimo inciso, lui riprende il mio capo tra i palmi delle mani e, accostandosi nuovamente alla mia fronte, mi bacia lievemente nell’incavo che separa gli occhi. “Lo so, piccola, ma devi aver fede. Io sono con te, non sei sola.”, sospira gravemente, per poi concludere, “Mi dispiace. Non avrei mai voluto lasciare te e Maggie.”.
“Maggie?”, domando allibita, “E’ viva? Papà dimmi dove si trova, ti prego.”. Serro le labbra, ma ormai il suo corpo si è dissolto in un lieve vento che, sibilando, fruscia tra le foglie del sicomoro sopra la mia testa, incitando “Trovala.”.


Ansante e sudata, mi ridesto dal sogno. Con il fiato corto rimango distesa supina ad ascoltare, con gli occhi chiusi, i rumori attorno a me. Stringo la mano destra a pugno sul mio petto ed espiro lentamente, cercando di controllare il battito accelerato che sento palpitante nel torace. Nel medesimo istante, allungo la mano sinistra alla ricerca della borraccia, ma, appena apro il palmo, un sussulto blocca la mia azione. Frettolosamente mi metto seduta e lo guardo, intensamente, metabolizzando ogni parola e gesto vissuto nel sogno. Contemporaneamente chiudo più forte il pugno sulla maglietta, senza perdere il controllo sul mio respiro, mentre cerco di dare un senso a ciò che ora sto vedendo.
Di fronte a me c’è il fazzoletto con cui mio padre mi ha poco prima asciugato le lacrime.
Tocco delicatamente un lembo di stoffa e, come risposta, una folata di vento gelido accarezza il mio volto, ancora umido di lacrime.
“Io sono con te, non sei sola.”, sibila l’aria.


lunedì 13 luglio 2020

Recensione "Figlie del mare" di Mary Lynn Bracht.


Ciao a tutti lettori!
Durante il mese di giugno ho letto un libro che da mesi, precisamente da Natale, attendeva di essere consultato.
Io non sono una compratrice compulsiva di testi. Quando acquisto un volume, infatti, lo leggo immediatamente. Tuttavia, in questo caso, essendo stato un regalo, ho posticipato la lettura, senza sentirmi troppo in colpa.  
Eppure, un mesetto fa quando il mio sguardo è ricaduto sulla mensola dove era riposto, una volta stretto tra le mani, ho iniziato a sfogliarlo le a leggere qualche riga, finché, in pochi giorni, l'ho concluso.



Titolo: Figlie del mare
Autore: Mary Lynn Bracht
Prezzo: 18,60 €
Pagine: 370
Editore: TEA
Voto: 5/5 🌸





Trama:
Corea, 1943. 
Per la sedicenne Hana sapere immergersi nelle acque del mare è un dono, un antico rito che si trasmette di madre in figlia. Nel buio profondo delle acque, è solo il battito del cuore che pulsa nelle orecchie a guidarla sino al fondale, in cerca di conchiglie e molluschi che la giovane vende al mercato insieme alle altre donne del villaggio. 
Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha un'amatissima sorella minore, Emi, con cui è destinata a condividere il lavoro in mare. Tuttavia, i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la sorella da un futuro atroce, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria, dove viene imprigionata in una casa chiusa gestita dall'esercito. 



Recensione:
"Figlie del mare”, romanzo d'esordio di Mary Lynn Bracht, narra uno dei capitoli, meno noti ma non per questo irrilevante, della Seconda Guerra Mondiale: il genocidio delle comfort women. 
Le comfort women erano delle donne coreane, che, rapite dall’esercito giapponese, erano costrette a prostituirsi nelle case di piacere riservate ai militari dell’esercito nipponico. 
Mary Lynn Bracht racconta questo tragico evento storico tramite le voci di due sorelle, Hana ed Emi. 
In particolare, la narrazione delle loro esistenze parte da una mattina del 1943, giornata in cui la sorella maggiore Hana, per salvare la piccola Emi da un destino atroce, si fa catturare da dei soldati giapponesi. 
Da quell'infausto frangente Hana, deportata in Manciuria, vive rinchiusa in una stanza e addetta ad accogliere i soldati per soddisfare i loro più reconditi appetiti sessuali. Parallelamente, invece, Emi osserva inerme la Corea decadere nella povertà e nella disperazione a causa dello scontro bellico in atto. 
I loro due punti di vista si alternano e, nello stesso istante, vi è un passaggio temporale tra il passato e il presente, in cui Emi, ormai anziana, non desiste e continua a cercare l'amata sorella Hana. 
Personalmente ammetto di non aver mai sentito nominare le comfort women prima della lettura di questo volume. Grazie alla lettura del romanzo e alle note storiche, allegate nella parte finale del tomo, ho avuto modo di scoprire che questa ingiustizia è stata patita da oltre 300.000 donne. L’esistenza delle comfort women, però, è stata ammessa dal governo giapponese nel 1993, ma solo nel 2015 è stato riconosciuto ufficialmente come un crimine di guerra. Nonostante la conclamata atrocità di questo evento storico, oggi questa tematica non è trattata alla stregua di altri genocidi, ugualmente gravi, ma che hanno almeno ottenuto un riconoscimento e una promulgazione adeguata. Difatti, la scrittrice indica nelle ultime pagine del manoscritto gli altri libri che possono essere reperiti per ampliare le proprie conoscenze in seno a questo abominio.
Ugualmente, grazie a questo romanzo, ho potuto appurare l'esistenza di un lavoro a me ignoto, ovvero quello praticato dalle haenyeo, le donne del mare. Le haenyeo sono un gruppo di donne coreane, le quali per mantenere sé e la propria famiglia si immergevano nelle più profonde acque blu per recuperare dei molluschi, dei pesci o, se erano fortunate, delle perle, così da poterli vendere al mercato. Ciò che mi ha stupita è che, per la prima volta, ho reperito la notizia di un'attività lavorativa che rendeva le donne degne di rispetto, forti, indipendenti ed escludeva l'uomo dall'esplicazione della stessa attività. 
Accanto alla profonda analisi storica contenuta nel libro, il pregio di Mary Lynn Bracht è stato quello di saper raccontare in poche pagine, e con una scrittura fluida, una storia appassionante ed emozionante. Precisamente, gli eventi tragici sono amplificati grazie all'attenzione che l'autrice ha riposto nell'esternazione dei pensieri delle due protagoniste. I loro rimorsi e le loro paure sono palpabili, a tal punto da far spesso trattenere il respiro al lettore nel momento della lettura.
La penna della scrittrice, inoltre, non cela le immagini più crude e violente. Ella non addolcisce alcuna scena, ma riporta sul foglio l'abuso e la tortura nella loro più disumana spietatezza.
Concludendo, consiglio caldamente il recupero di questo testo, in quanto la lettura di questo piccolo, ma intenso, romanzo, mi ha permesso di ampliare il mio sapere, ponendomi di fronte a un fatto storico a me ignoto, e, al contempo, mi ha concesso di riflettere su quanto i diritti che a noi oggi appaiono scontati sono stati oggetto di battaglie secolari per poterli, ora, constatare nella nostra quotidianità e, talvolta, reputare quasi banali e scontati.



"Ci tuffiamo in mare come le nostre madri e le nostre nonne e bisnonne hanno fatto prima di noi per secoli. Il dono è il nostro orgoglio, perché ci rende libere di non dover rispondere a nessuno, né ai nostri padri, né ai mariti o fratelli maggiori, e neanche ai soldati giapponesi durante la guerra."


lunedì 6 luglio 2020

Recensione "Passione oltre il tempo" di Diana Gabaldon.


Ciao a tutti lettori!
Oggi vi propongo il mio pensiero in merito a "Passione oltre il tempo", ovvero l'ennesimo libro che leggo della saga "Outlander" di Diana Gabaldon. 



Titolo: Passione oltre il tempo
Autore: Diana Gabaldon
Prezzo: 11 €
Pagine: 576
Editore: TEA
Voto: 5/5 🌸





Trama:
La giovane e audace Brianna ha lasciato l'America del Ventesimo secolo e, attraversando il cerchio magico di pietre che già sua madre aveva varcato anni prima, si è lanciata in un viaggio nel passato alla ricerca dei suoi genitori, Claire e Jamie. 
Ella è partita spinta dalla necessità di scongiurare il verificarsi di un'insidia che, nel futuro, ha scoperto essere la causa della morte dei suoi genitori. 
Tuttavia, Brianna non è a conoscenza del fatto che Roger, l'uomo che lei ama, ha scelto di seguirla nel passato, deciso a proteggerla da ogni pericolo.



Recensione:
"Passione oltre il tempo" è il settimo volume della saga "Outlander" di Diana Gabaldon. 
Come in ogni articolo vi ricordo che l'edizione italiana a partire dal secondo libro ha suddiviso ogni tomo in due volumi, quindi il testo in questione identifica la seconda parte del quarto titolo dell'opera originale in inglese.
Nel precedente romanzo il lettore ha seguito le peripezie che hanno condotto Claire e Jamie, naufragati sulle coste americane, a vivere la loro esistenza nella Carolina del Nord, come titolari di un importante appezzamento di terreno. Alle soglie della Rivoluzione americana, quindi, i due amanti decidono di ricominciare la loro vita trovando riparo nella natura, e, al contempo, rispettando, nonostante la carta che attesta la loro proprietà, gli indiani pellerossa insediati sul loro suolo. 
Nel frattempo, invece, nel "futuro" 1900, Roger ha scoperto che la sua amata Brianna ha attraversato il cerchio di pietre per raggiungere i suoi genitori. Egli, in verità, non tentenna, ma, una volta svelato il folle piano della giovane, decide anch'esso di partire per poter trovare Brianna. 
"Passione oltre il tempo" è uno dei libri più intensi letti fino ad ora dell'intera saga, in quanto le emozioni racchiuse all'interno del volume sono vivide come non mi era mai accaduto di scorgere in nessun'altro tomo precedente. Nelle pagine di questo settimo romanzo i fatti storici rimangono silenti, rilegati allo sfondo della trama, mentre sono innalzati come protagonisti della scena i sentimenti dei personaggi. In particolare, il perno di questo manoscritto non è l'amore condiviso tra Claire e Jamie, ma quello appena nato tra Brianna e Roger. Il loro affetto è indescrivibile a parole, poiché, nonostante sia più volte posto a dura prova dal destino e da vari impedimenti, non lascia mai spazio alla paura e al risentimento. Tuttavia, i due giovani a nome del loro sentimento dovranno presto imparare ad accettare le conseguenze dei loro comportamenti e, direttamente, a scendere a compromessi, anche piuttosto gravosi. 
In merito all'ultima frase scritta non posso fare a meno di menzionare Bonnet. Bonnet, personaggio già precedentemente noto per la sua perfidia, è un uomo avido e spregevole. Egli, come ho prima dichiarato, non è un volto nuovo per la trama, ma in questo frangente mostra la sua indole corrotta in tutta la sua essenza. Precisamente, in questo settimo scritto, dimostra di essere il degno erede dell'ignobile Jack Randall. 
Diana Gabaldon, sempre rispettando i dati storici, rende la storia accattivante, affiancandola alla trattazione di innumerevoli temi. Invero, l'autrice in questo peculiare libro ha dedicato la propria attenzione sulla rilevante tematica della violenza sessuale e degli strascichi che la stessa può causare sulla psiche e sull'animo di chi la subisce. 
La scrittura di Diana Gabaldon, concludendo, riconduce il lettore all'interno di una storia mista tra il passato e il presente, grazie alla quale, come immersi in un vortice di emozioni, è possibile percepire sulla propria pelle alcune delle sensazioni che sono state provate dai nostri predecessori e, allo stesso istante, farci sognare con i misteriosi e affascinanti viaggi nel tempo.