Ciao a tutti lettori!
Come vi avevo preannunciato nel precedente articolo, oggi sul mio blog vi propongo una delle tappe pattuite per il Blogtour di presentazione e di promozione di una delle ultime uscite della Casa Editrice Mondadori, ovvero "Hunger Games. Ballata dell'usignolo e del serpente" di Suzanne Collins.
Vi ricordo di andare a recuperare gli scritti delle altre partecipanti, sono tutti molto interessanti.
Quando mi è stata confermata la tappa del 23 maggio avente ad oggetto la "Sopravvivenza" ho prima di tutto cercato l'etimologia del verbo "sopravvivere".
Tra le varie pagine di Google aperte sullo schermo, una di esse ha catturato la mia attenzione per una precisa frase. Le parole che compongono la frase in questione hanno causato la brusca interruzione della mia ricerca, ma mi hanno anche donato lo spunto da cui far partire la mia riflessione.
"Sopravvivere: vivere sopra gli altri, ossia viver di più o più lungamente".
L'inciso qui sopra mi ha stupefatta e inquietata nello stesso istante.
Nella storia che ci ha preceduti sono svariati gli accadimenti in cui l'uomo ha "vissuto sopra gli altri", ovvero li ha sopraffatti, "pur di sopravvivere o vivere più a lungo".
Per menzionare solo alcuni esempi rammento i campi di concentramento, ideati per distruggere un'intera comunità e appropriarsi delle loro ricchezze, o le leggi raziali, stipulate per ghetizzare le persone sulla base del colore della loro pelle. Stesso discorso può essere esplicato più banalmente, se così possiamo dire, citando qualsiasi fatto di cronaca nera in cui i ladri o gli assassini innalzano la loro umana persona al punto di decidere discrezionalmente e arbitrariamente se la vita di un uomo valga o meno, se ucciderlo o lasciarlo in vita in base a dei meri capricci.
Questo quadro non crea certo una buona rappresentazione dell'essere umano.
Suzanne Collins nella sua opera distopica "Hunger Games" ha voluto mostrare come l'uomo, seppur sia conscio del passato che lo ha preceduto, compresi i lati più oscuri dello stesso, sia in grado di reiterare i medesimi errori, o addirittura esplicarne di più gravi.
Difatti, ciò che più colpisce del mondo futuro e probabile posto su carta da Suzanne Collins è l'idea stessa dei "Giochi della fame", ovvero di un reality show in cui i concorrenti combattono tra di loro, non in un botta-risposta per dimostrare chi è più arguto dell'altro, ma in una vera e propria guerra all'ultimo sangue che festeggia come vincitore colui che riesce a sopravvivere, uccidendo i propri compagni di viaggio e dimostrando una elevata abilità nel resistere a qualsiasi situazione.
Dunque, in questo reality show il vero pericolo che i partecipanti devono affrontare non è costituito dal pericolo che può derivare da un incendio, da un'acquazzone, dall'assenza di risorse per nutrirsi o per curarsi dalle ferite, ma deriva dall'essere umano medesimo.
In definitiva in questo ambiente l'uomo può rivestire solo due ruoli: cacciatore o preda.
Invero, i panni che si decide di indossare sono quelli che costituiscono l'esito della propria esistenza, vivere o morire.
Ciò presume, ovviamente, un'intima ponderata scelta in cui ogni membro del cast deve porre su una bilancia fittizia da una parte i propri principi morali ed etici e d'altra la necessità, insita all'interno di ciascun animo umano, di attaccarsi fino all'ultimo respiro alla speranza di poter continuare a vivere.
Questo dibattito interno scatena le più recondite paure, facendo agire ciascun partecipante del reality show nei modi più differenti uno dall'altro. In esso gli spettatori vedranno chi compie ogni atto spinto dalla sete di sangue, uccidendo il prossimo senza tentennamenti o ripensamenti e chi fugge, si nasconde e cerca di passare inosservato, nel tentativo di non essere mai trovato da qualcuno.
Per la nostra sopravvivenza possiamo giungere alla disumana scelta di uccidere altri uomini?
È morale e lecito che in una situazione in cui non c'è alcuna via di fuga si compiano anche gesti prima immaginati efferati?
L'uomo può davvero riformulare le proprie certezze etiche in uno scenario differente e al limite della follia?
Cacciatore o preda?
Suzanne Collins conduce il lettore a porsi queste domande, poiché anche nella nostra realtà quotidiana spesso sopravvivere vuol dire compiere scelte infelici e poco corrette.
Eppure, come ci insegna la protagonista della trilogia Katniss Everdeen, non sempre la scelta più semplice ed egoistica è l'unica che può essere intrapresa.
Tuttavia è indiscutibile che prima di tutto dobbiamo guardare nel nostro animo e domandarci "Essendo io un uomo razionale e intelligente, accetto di intraprendere questa decisione?" e tollerare ciò che questa scelta ci condurrà a diventare.
Cara Diletta, qui da te troviamo sempre novità da leggere.
RispondiEliminaCiao e ti lascio un caloroso saluto con un abbraccio con tutto il cuore.
Tomaso
Ciao Tomaso!
EliminaUn abbraccio grande!
Non mi aspettavo un articolo così bene fatto sul termine "sopravvivenza". In fondo Hunger Games non è una trilogia come tante, perchè si parla di scegliere tra la vita e la morte. L'ho amata tantissimo. Bravissima, come sempre. Ti abbraccio!
RispondiEliminaCiao Lucia!
EliminaTi ringrazio di cuore per il complimento. Sei sempre troppo gentile.
Un abbraccio!
Ciao. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Bellissima la tua tappa. Complimenti. Un'analisi perfetta. La mia tesi di laurea era sulle vittime del Gulag, quindi mi sono occupata della sopravvivenza e di ciò che si è disposti a fare per sopravvivere. Generalmente sospendo il mio giudizio morale sulle persone che per sopravvivere finiscono per commettere azioni moralmente scorrette o estreme. A presto. Silvia
RispondiEliminaCiao Silvia!
EliminaTi ringrazio di cuore per il bel commento. Sono felice che hai apprezzato questo mio articolo, mi è costato tanta fatica.
A presto!